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TWO OUT OF THREE
"Noi due, quanto a lungo fummo ingannati,
ora metamorfosati fuggiamo veloci come fa la Natura,
noi siamo Natura, a lungo siamo mancati,
ma ora torniamo" (W. Whitman “Noi due, quanto a lungo fummo ingannati”)
“TWO OUT OF THREE” è un invito a riconoscere i legami di interdipendenza tra noi e la natura. La danza e la musica, come forme di memoria ancestrale, si fanno guide verso il gioco, il rito, l’arcaico, l’animale, col desiderio di immergerci nell’esperienza metamorfica della vita. Un viaggio che attraversa luoghi e tempi magici e che, abbracciando una visione d’insieme, ci invita a ri-considerare la natura quale tela organica di relazioni pulsanti e proliferanti, in cui anche l’umano, insieme agli altri essere viventi, ne è tessitore.
La ricerca intende affrontare il tema dell’Educazione Ambientale e allo sviluppo sostenibile, iniziando dal riconsiderare l'umano come parte integrante di questo mondo, e la natura quale organismo vivente e non come luogo da attraversare.
coproduzione
Tersicoreat.off Officina delle arti sceniche e performative
con il supporto di :
Oltrenotte
L'OBRADOR Espai de Creació
TWAIN Centro Produzione Danza
Tersicoreat.off Officina delle arti sceniche e performative
Stadt Salzburg AirStip
TOUR
- Anteprima della versione acustica al CertoFestival (Roma, ITALIA)
- Incastro festival (Castroreale, ITALIA)
- Deltebre Festival (Deltebre, SPAGNA)
- KulturSommer Festival (Vienna, AUSTRIA)
- Festival DirezioniAltre2024 (Tuscania, ITALIA)
- Rassegna Logos 2024 (Cagliari, ITALIA)
- Take the A Train Festival (Salisburgo, AUSTRIA)
- Rassegna “Tra sogno e realtà” Tuscania (ITALIA)
Debutto nel 2024 a Deltebre Festival (SPAGNA)
REVIEWS
Si è assistito a una rarissima commistione fra la delicata potenza animale e primordiale della musica e della danza. La complessità biologica di un ecosistema tribale parte da zero. Dal silenzio. Dal pavimento. Monta come una cellula all’alba del tempo.
Ricondotti a suono primigenio e a immobilità, per mezzo della musica e del corpo, arriveranno ad un essere più compiuto persino dell’umano, con corpi indistinguibili tra quello del musicista e della interprete, fusi nel suono e nella danza.
Vitus col suo strumento fa tutto quello che comincia fuori da uno spartito musicale: entra in scena in quanto artista e corpo-sorgente, audio, che recita e suona non PER, ma direttamente LA danzatrice. Purtroppo l’italiano non permette di parlare di due umanità contemporaneamente approfondendole entrambe, allora fingiamo che basti dire che Vitus Denif mette al servizio tutti gli strumenti musicali che ha, a partire dal respiro umano e dalle energie del proprio corpo, il proprio Sax, le Loop Station.
Elettronica invertita al servizio delle origini analogiche, a cui affida voci, cori, respiri e oggetti scenici accessibili a tutti tra manipolazione digitale (inteso come di dita e mani e non solo riferito al tecnologico che è puro mezzo): bastoncini di legno da frantumare, richiami per animali, fischi e battiti d’ali, e poi ancora respiri usati come se fossero dei dardi intinti di magia.
In bocca e tra le mani di Vitus Denif, il sax diventa una cerbottana che spara senza ferire, anzi nutrendo la danza, i suoi dardi addosso alla ballerina, che non reagisce alla musica — molto di più: la ingloba, se ne nutre, la indossa, fa quello che ogni corpo che danza dovrebbe nella normalità.
Giorgia Gasparetto divora la musica con una energia incantevole, potentissima e ne fa danza che non si ferma alla bellezza del suo danzare ma va oltre: investe, dona, offre il corpo alla musica diventando a sua volta strumento, tamburo, amplificatore di suoni e ritmi e aggiunge esplosione al fuoco: attraverso la danza centuplica il volume e lo restituisce al pubblico sotto forma di un crescendo fisico che parte dal nulla e non arriva all’infinito solo perché siamo mortali.
E la musica è anche tempo, e il tempo della bellezza si burla ma non sfugge al tempo umano. Tutto dovrà tornare immobilità e silenzio.
L’arte è quel che accade nel frattempo.
Chissà altrimenti quelle elevazioni che dal pavimento raggiungono il secondo piano del sospiro fin dove sarebbero ascese avvitandosi.
Chissà quale mondo animale sarebbe scaturito dal grembo di quel sax che si evolve da suono ad animale (in principio era il suono) che supera l’umano con sberleffo, e si trasforma in: cyborg, insetto, quadrupede, bipede, verso e parola.
Perché oltre a suonare, il musicista indossa lo strumento non come un abito ma come un arto.
Un cranio. Un becco.
Si fa attore della propria emissione musicale, interagisce con la danza mettendo la vita nel sax, al suono che tutti si attendono riesce ad aggiungere un respiro inatteso, quello che tecnicamente sarebbe un fallimento musicale (emissione di fiato come suono non riuscito) qui si accompagna invece alla musica, in un duetto tra un polmone d’acciaio e una bocca, che amplifica il senso del suono e tracima in una luce.
Cosa ci fa una luce che esce da un sax?
Tutto. Tranne che un banale trucchetto coreografico.
Incarna la vibrazione della musica nel moto ondulatorio e particellare della luce, quasi a dire:
“Ehi, state attenti! L’invisibile sta passando attraverso il corpo che danza e lo sta illuminando… e vi sta illuminando”.
Un memento che viene da lontano: tutto è vibrazione. Danza e musica sono una cosa sola!
S’inginocchia, striscia, si avvicina a Giorgia che danza, e che danza! Si sfiorano quasi come in un affresco del Giudizio Universale. Entrambi, dallo strato più basso della bellezza, decollano attraverso il soffio dell’arte, attraverso il respiro del corpo e quello della musica e si fanno correnti ascensionali, un incanto.
Giorgia è danza ovunque. Nel sensuale e nell’intangibile. Nel sudore della schiena, nei muscoli che ritmano, nel pavimento che non può sfuggire alle pulsazioni dei piedi, all’aria sorpresa dalle evoluzioni ferine e imbestialite da cui si lascia arrotolare quando il corpo esplosivo si fa breve uragano avvolgente.
Energia e poesia.
Un’esplosione di petali.
Per fortuna sono un poeta e non un critico teatrale. Posso parlare solo di quello di cui mi innamoro.
E posso concludere dicendo che in quella creatura nuova - che ho visto originarsi ieri sotto i miei occhi dalla sola materia prima dell’aria - e che ho ammirato diventare universo - e da quei due primi viventi - che hanno saputo sostenersi e fondersi in un corpo solo, libero, indomito - è rimasto un mondo ritrovato e una tribù nuova dove vorrei andare a vivere per sempre.
(Andrea Melis Parolaio)
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RECENSIONE DI ANDREA MELIS